środa, 7 października 2015

IL PROBLEMA DELLA COSCIENZA

Vi sono quattro stati di coscienza possibili per l'uomo.

Ma l'uomo ordinario 1, 2 e 3 vive negli stati di coscienza più bassi.

Il primo il sonno, è lo stato passivo nel quale gli uomini trascorrono un terzo, e sovente anche la metà della loro vita.

Il secondo, nel quale passano l'altra metà della loro vita, è quello stato in cui camminano per le strade, scrivono libri, discutono soggetti sublimi, si occupano di politica e si ammazzano a vicenda.

Il terzo stato di coscienza è il ricordarsi di sé, o coscienza di sé, coscienza del proprio essere. E' generalmente ammesso che noi possediamo questo stato di coscienza o che possiamo averlo a volontà.

La nostra scienza e la nostra filosofia non hanno visto che noi non possediamo questo stato di coscienza e che il nostro desiderio è incapace di crearlo in noi, per questo ferma possa essere la nostra decisione.

Il quarto stato di coscienza è la coscienza obiettiva. Il questo stato, l'uomo può vedere le cose come stanno, come esse realmente sono. Il quarto stato di coscienza è uno stato del tutto diverso dal precedente; esso è risultato di una crescita interiore e di un lungo è difficile lavoro su di sé.

I due stati di coscienza superiori, la "coscienza di sé" e la "coscienza obbiettiva", sono legati al funzionamento dei centri superiori dell'uomo.

Infatti altre ai centri del quali abbiamo già parlato, ne esistono altri due, il " centro emozionale " e il "centro intellettuale superiore ".

Questi centri sono in noi; essi sono completamente sviluppati e lavorano interrottamente, ma il loro lavoro non riesce mai a raggiungere la nostra coscienza ordinaria.

La ragione di questo risiede nelle proprietà speciali della nostra cosiddetta " coscienza lucida".

Per comprendere quale è la differenza tra gli stati di coscienza bisogna tornare al primo stato, che è il sonno.

Questo è uno stato di coscienza interamente soggettivo.

L'uomo è interamente immerso nei suoi sogni, poco importa che ne conservi a meno il ricordo.

L'uomo in generale, va a combattere per la sua patria, affronta enormi sacrifici, e disagi ammazzando i suoi propri simili; tutto ciò lo fa uno stato soggettivo per cui a causa del suo sonno egli non si rende conto "cosciente" del suo stato.

Questi due stati di coscienza (soggettiva) sonno e stato di veglia sono le cause del non "ricordarsi di sé".

L'uomo può realmente svegliarsi e attorno a lui la vita assumerebbe un altro aspetto sconosciuto, ovvero, la coscienza di sé uguale stato di coscienza oggettiva.

Come accorgersi di questo stato di sonno atavico.

Questa domanda è già in sé stessa una risposta.

Un uomo quando si rende cosciente di essere stato per tutta la vita in uno stato di sonno a già fatto molto per se stesso, perché si è accorto di vivere in uno stato che non è il suo.

Egli si accorge di essere stato creato e plasmato dalla società.

In se stesso un uomo deve vedere da se gli aspetti di ogni fatto che gli è accaduto; ad accorgersi dopo aver analizzato a fondo gli errori che ha commesso per causa d'altri che lui ha dormito, ha sempre dormito comunemente con gli altri.

Nella coscienza di un uomo addormentato, le sue illusioni, i suoi "sogni", si mescolano alla realtà.

L'uomo vive in un mondo soggettivo al quale è impossibile sfuggire.

Ecco perché non può mai fare uso di tutti i poteri che possiede e vive sempre soltanto in una piccola parte di sé stesso.

G.I. Gurdjieff

IL SILENZIO è D'OBBLIGO...

 Magar said :Per una sera la Scighera si ferma.Un caro amico se n'è andato. un amico con il quale ero in contatto, al quale ho dedicato una decina di giorni fa un post celebrativo.Un Post al quale aveva risposto con vari commenti, spiegando la sua situazione, donandomi alcuni link di cose rare, pregandomi di pubblicarle...Questa sera mi fermo, e vi invito a rivedere questo Post :CLAUDIO "MILANO - Claudio Rocchi, protagonista e lucido testimone del rock italiano, se ne è andato. Aveva 62 anni e da tempo soffriva di una malattia degenerativa, che aveva annunciato lui stesso, con straordinaria serenità, attraverso la sua pagina Facebook. "Dopo vari accertamenti a tutto campo, il quadro clinico è fissato", scriveva il 25 maggio scorso. "Patologia non reversibile che innesta la perdita d'uso degli arti inferiori sulla patologia ossea degenerativa. Sono ultra fragile, e devo stare praticamente a letto evitando movimenti di ogni genere che potrebbero, nel caso di un'invasione midollare più alta del D11 odierno, pregiudicare anche l'uso degli arti superiori. Non male, vero, per mettere alla prova il buonumore? Sappiate che il buonumore tiene, la Coscienza pure e il libro è iniziato stamane...". Si riferiva alla sua autobiografia "La settima vita".Claudio Rocchi, milanese, aveva partecipato alla prima, indimenticabile stagione del rock italiano, dapprima come bassista degli Stormy Six, poi come solista originale e caparbio, attraverso dischi di qualità e un'intensa, puntigliosa attività live. Nel 1970 pubblicò il primo album a suo nome, "Viaggio", interamente acustico, accolto subito da grandi consensi. Ma fu il successivo a conquistarsi un posto di assoluta rilevanza: si intitolava "Volo magico n.1", uscì nel 1971, e tuttora è considerato un must della discografia italiana degli anni Settanta, a zig zag tra psichedelia e spiritualità zen.Protagonista di tanti raduni giovanili di quell'epoca (i cosidetti festival del proletariato giovanile), Rocchi ebbe sempre una gran sete di conoscenza. Sete che lo condusse anche a vivere l'esperienza monastica induista: aderì all'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna, collaborò con Paolo Tofani degli Area e conducese programmi radiofonici vaishnava, fondando e dirigendo il network nazionale RKC (Radio Krishna Centrale). Abbandonata quell'esperienza nei primi anni Novanta, tornò all'ambiente artistico più forte, più tenace e più consapevole.Fu anche conduttore radiofonico. Gli appassionati di musica popolare lo ricordano a "Per voi giovani", "Pop Off", "Radio Starship", "Ognidove", "Margherite, storia e sogni". Rocchi fondò pure la prima radio indipendente nazionale nepalese "The Himalayan Broadcasting Company", di cui fu direttore per tre anni.Fu poi regista (sua la regia di "Pedra Mendalza", che scrisse lui stesso), attore (in "Musikanten" di Franco Battiato), poeta (pubblicò "Le sorprese non amano annunciarsi: sono un gruppo rock di fanciulle, suonano nude e sono bellissime", e già il titolo è eloquente della fantasia che lo animava), attivista generoso.Dopo la pubblicazione del suo ultimo disco "In alto", fresco, fragrante e ispirato come pochi, Rocchi andava particolarmente fiero, negli ultimi tempi, della collaborazione con Gianni Maroccolo (ex Litfiba, CCCP, CSI) nel progetto "Nulla è andato perso".Ne aveva parlato pure nel lungo intervento su Facebook nel quale confessava la sua serenità di fronte all'ignoto incombente. "... ho iniziato a scrivere "La settima vita", mia autobiografia ufficiale. Intendo tentare di ripercorrere la straordinaria esperienza fatta di recente con Gianni Maroccolo sulla piattaforma di crowdfunding musicraiser.com offrendo appunto come ricompensa questa sintesi delle mie vite. Un libro che sarà pubblicato da un editore importante e che potrete, se vorrete aiutarmi a smazzare il singolare presente che mi si è parato davanti, assicurarvi direttamente quando partirà la campagna di fundraising".E continuava: "A fine 2011, mentre ero in promozione a Milano per il mio CD "In Alto" fatto con la Cramps, feci un'intervista per un quotidiano nazionale che titolava più o meno "Le cinque vite di Claudio Rocchi". Era "Libero" o "il Giorno"? Non ricordo. Raccontavo di una vita da studente, una seconda da aspirante rock star, una terza da aspirante santo indù, una quarta da aspirante "normale" professionista tra broadcast, media e business immobiliare. La quinta era quella in cui rientravo allora, per una serie di benedette concorrenze tra Amore e Ispirazione, di musicista ritrovato con voglia di concerti ed energia per farli. Poi arrivò la sesta. Una grave malattia degenerativa alle ossa mi faceva di fatto malato terminale pur continuando io di fatto, tra stampelle e bastoni, a fare finta di niente e guidare in su per mari e autostrade a fare i miei concerti.Eccoci infine alla settima vita. La vivo da 20gg o poco più e tutto è successo in meno di 12 ore. Un crollo vertebrale ha determinato un'invasione del midollo spinale e di fatto ho perso l'uso delle gambe. Ho sentito risalire forte da dentro una risata incontenibile accompagnata dalla domanda: "Ma cazzo, non era sufficiente così? Pure paraplegico ora?"... Sappiate che il buonumore tiene, la Coscienza pure e il libro è iniziato stamane...", concludeva. La personalità, il coraggio, la serenità, l'onestà intellettuale, la vivacità - come testimonia pure il suo sito ufficiale che ci lascia in eredità - e la saggezza di Claudio Rocchi mancheranno molto alla scena artistica italiana. E non soltanto a quella artistica."

Ciao Claudio

Il National Geographic conferma: gli esperimenti segreti della CIA esposero milioni di persone ad agenti chimici ed infettivi

Qui sotto la traduzione dell'articolo CIA secret experiments pubblicato sul sito del canale televisivo satellitare National Geographic, nonché il video del programma sul medesimo argomento.L'ennesima prova che gli eserciti ed i servizi segreti (col complice appoggio dei governi) hanno da sempre contaminato con agenti chimici e biologici milioni di cittadini inermi ed ignari con la scusa dell'esperimento segreto realizzato a fin di bene (per approntare la difesa contro il nemico). Nuvole naturali? No, sostanze irrorate dagli aerei

Vedi a tale proposito quanto già mostrato in due precedenti articoli inseriti nel dossier sulle scie chimiche. Le persone che negano l'esistenza delle scie chimiche affermando che nessun esercito e nessun governo farebbe simili cose sui propri concittadini mentono spudoratamente facendo finta di ignorare certi fatti storici.GLI ESPERIMENTI SEGRETI DELLA CIACOSA STAVANO FACENDO REALMENTE?La CIA è una delle più segrete agenzie del mondo ed è responsabile dell'uso di alcune discutibili pratiche di sperimentazione. Cosa comportavano quegli esperimenti? Chi è stato oggetto di tali esperimenti? E a quali misure estreme volevano ricorrere per ottenere le loro risposte? [per "risposte" si intende qui "i risultati degli esperimenti compiuti" - N.d.R.] Sulla scia della seconda guerra mondiale il governo degli Stati Uniti fu coinvolto in un gran numero di esperimenti medici segreti progettati perché potessero aiutare a vincere la guerra fredda. Durante questi esperimenti cittadini ignari furono esposti ad agenti chimici e biologici, furono sviluppate tecniche per il controllo mentale, e furono persino organizzati assassinii di leader influenti delle nazioni in via di sviluppo.Alcuni metodi che sono stati considerati per la diffusione di questi agenti chimici sono stati la contaminazione di sigari, pasta dentifricia ed inchiostro.La CIA si è imbarcata in un programma di ricerca altamente segreto, finanziato con parecchi milioni di dollari, sull'utilizzo clandestino di materiali chimico biologici quali batteri per infettare il nemico, veleni per gli assassinii, e farmaci della verità per le interrogazioni. fra le cose che troviamo nella valigetta delle medicine utilizzata per questi esperimenti ci sarebbero stati l'antrace, la peste e la brucellosi.Un esperimento dell'esercito statunitense su New York City nel 1966 espose più di un milione di persone alla variante niger del batterio bacillus subtilis. Gli scienziati hanno usato bulbi delle lampadine riempiti con una combinazione di  batteri e particelle di carnbone, che hanno quindi lanciato attraverso i condotti per l'aereazione delle varie linee della metropolitana.Aerei civili che fanno inversione a U? No, scie chimiche!

Durante queso esperimento trilioni [un trilione è uguale a 1.000.000.000.000.000.000 ovvero 1018 - N.d.T.] di germi furono rilasciati nel sistema di trasporto durante le ore di punta del traffico. Gli esperimenti furono condotti senza la cooperazione della New York City Transit Authority [l'azienda pubblica dei trasporti della città di New York - N.d.T.] e del dipartimento di polizia, che non furono nemmeno informati.Durante questo periodo la CIA stava anche eseguendo ricerche sull'uso di sostanze chimiche per manipolare e controllare il comportamento umano; uno di tali composti chimici che attirò la loro attenzione fu l'acido lisergico o LSD.La CIA ha reclutato prigionieri volontari ai quali è stato somministrato LSD nel corso di un suo esperimento. I prigionieri che hanno cooperato a volte hanno ricevuto come ricompensa dell'eroina. In un esperimento ai prigionieri furono somministrate dosi crescenti di LSD per 77 giorni consecutivi.Articoli correlatiIl governo britannico ammette esperimenti di irrorazione su milioni di cittadini usati come cavie inconsapevoli U.S.A. - esperimenti segreti su cavie umane, diffusione di agenti chimici e biologici sulla popolazione L'eugenetista Bill Gates e i tribunali della morteGLI STATI UNITI SI DICHIARANO SPIACENTI PER GLI ESPERIMENTI MEDICI IN GUATEMALA BASTERANNO LE SCUSE PER GLI OLTRE 60.000 CIVILI UCCISI ?

Il mio sugo con le sarde "light"

Una voglia incommensurabile di pasta con le sarde e il finocchietto, ma come fare? sono a dieta, e nel sugo con le sarde ci stanno l'uvetta e i pinoli, assolutamente vietati come tutta la frutta secca! Come fare per rimediare? Certo, ci si potrebbe limitare ad usare le sarde e il finocchietto e basta, però... però... e se usassi le olive nere e i capperi? anzi, ancora meglio dei capperi, i cucunci che hanno un sapore più delicato che non mi va a coprire quello delle sarde? Certo, il sapore finale viene stravolto: cucunci e olive al posto di uvetta e pinoli, non c'è proprio nessuna connessione, se non la tipicità dell'origine degli ingredienti, che è sempre sicula.Insomma, non me ne vogliano i siciliani! lo so che ho cambiato radicalmente la ricetta, ma qualcosa dovevo inventarmi per potermi togliere la voglia che avevo, e posso assicurare che il risultato è stato comunque buonissimo!Per preparare un sugo sufficiente a condire 3 porzioni "regolamentari" di pasta servono:5 belle sarde fresche (mi raccomando che siano sarde e non sardine, se sono piccole aumentate la quantità)

1 mazzetto di finocchietto

1 scalogno

2 filetti di acciuga sott'olio

una dozzina di olive nere snocciolate

una dozzina di cucunci

450 g circa di polpa di pomodoro

3 cucchiaini di olio evo

sale e pepe bianco

Pulire e deliscare le sarde. Lessare il finocchietto, tritarlo e tenere da parte l'acqua.Far rosolare leggermente lo scalogno tritato con le acciughe, aggiungere le olive e i cucunci con un po' dell'acqua del finocchietto e far evaporare. Versare la polpa di pomodoro col resto dell'acqua del finocchietto (dato che il finocchietto non era molto, anche l'acqua in cui l'ho lessato era pochina, per cui ho preferito usarla per profumare il sugo piuttosto che per cuocerci la pasta com'è solitamente previsto), e far andare per 5 minuti, quindi aggiungere le sarde e il finocchietto tritato, salare e pepare e far cuocere finché il sugo non si sia ristretto.Io ci ho condito gli stringozzi umbri, perché la dieta mi consente 100 g di pasta fresca contro gli 80 g di pasta secca... fubba io!!! :-DE comunque, appena potrò, mi farò un bel piatto di pasta con le sarde e l'uvetta e i pinoli!!!

Il tahini scuro

Dopo tanto che ci pensavo, ho fatto il tahini scuro. Ho fatto quello scuro perché quello chiaro richiede una preparazione un po' più lunga come tempi (i semi devono stare ammollo per un certo numero di ore, poi si devono asciugare bene) e quando ho deciso di mettermi all'opera ormai era troppo tardi, quindi ho optato per la soluzione più sbrigativa. La prossima volta mi organizzerò per tempo, anche perché mi piacerebbe sentire la differenza di gusto tra i due.

Ho seguito la ricetta di Cinnamon che c'è su Cucina in Simpatia, però siccome avevo solo 100 g di semi di sesamo, ne ho fatto una quantità molto ridotta.L'olio non l'ho misurato. Man mano che frullavo ne aggiungevo a un cucchiaino alla volta finché non ha raggiunto la fluidità e consistenza che mi sembravano ottimali.Procedendo con ordine, come prima cosa, bisogna scaldare un padellino antiaderente sul fuoco, quindi vi si versano i semi di sesamo e li si lascia tostare, mescolando spesso per evitare che si brucino. Questa operazione si può fare anche nel forno, ma sinceramente a me è sembrato più sbrigativo farla sul fornello.

Quando i semini sono belli tostati, si versano ancora caldi nel bicchiere del frullatore. Data la quantità davvero minima dei miei, ho usato questo accessorio del Ken, perché il bicchierone del frullatore tradizionale sarebbe stato davvero troppo grande e dispersivo.Cinnamon dice che col frullatore molti semini potrebbero rimanere interi. A me, con l'accessorio che ho usato io, non è successo e la salsina è venuta bella liscia e omogenea. Tuttavia, se dovesse accadere, il suo suggerimento è quello di dare anche una ripassata col frullatore a immersione una volta che la salsina si sarà formata.A questo punto non resta altro da fare se non frullare, aggiungendo man mano l'olio, che dev'essere di semi perché il sapore di quello d'oliva soverchierebbe. Io ho usato quello d'arachidi. Ogni tanto fermare il frullatore e con la spatola staccare quel che rimane incollato alle pareti del bicchiere e dare una rimestata.

In circa 5 minuti si sarà formata la salsina, con un profumo e sapore molto persistenti di sesamo tostato... a me è piaciuto assaggiarlo anche nature. Mi avevano detto che potrebbe allappare, ma a me non è sembrato.Comunque, io non l'ho preparato per mangiarlo nature. Il prossimo step sarà fare l'hummus, perciò stay tuned!

Il manuale di Delfi

Se, realmente, la filosofia  c'è mai stata d'aiuto per qualcosa, è proprio per iniziare a riflettere su cosa per noi sia realmente la conoscenza, magari proprio per osservare come le concezioni di quest'ultima si sono trasformate nel riflesso della  mente di chi, di volta in volta, affrontava la questione in maniera noncurante  delle trasformazioni temporali, al momento in cui del tempo stesso non ti curi.

Esiste un problema, un problema di livelli, di certezze e di cultura non indifferente, che ci rende davvero poco disposti a riflettere sul profondo significato di questa parola, sul suo valore  che, se vogliamo, ha mantenuto soltanto la sua corazza esteriore, una specie di patina dizionariesca che trasfigura enormemente la realtà.In questo caso, vorrei restringere il campo su un elemento e parlare del problema della conoscenza che "libera", della conoscenza che spesso viene associata alla verità o a parte di essa, l'esplosione di luce che serve a trascendere una qualsiasi situazione di stasi o, molto più probabilmente, dell'illusione che ciò sia effettivamente tale.

Nella nostra bolla d'aria culturale e sociale, è quasi del tutto certo che sia ormai andata perduta l'attenzione nei confronti di vari elementi, come l'attenzione al significato delle parole e all'origine delle stesse o il senso del rituale/della devozione, entrambi aspetti che convergono nel calderone più grande che è quello dell'assenza di regole, ovvero "l'anomia", ovviamente parlo di regole superiori, metafisiche, leggi non scritte e che, adesso, non sono nemmeno più parlate, perchè nemmeno più pensate.

La società di cui noi siamo gli eredi, ha creato con calma e solerzia il Dio che poteva comprendere e addomesticare, l'ha messo in competizione con l'uomo stesso, ponendolo alla destra del concetto di patria, prima ed  in seguito del "libero pensiero", fino ad ucciderlo; uccidere un'invenzione  il cui unico fine è sempre stato  "staccare l'umanità dal cielo",  inalzando, mattone dopo mattone, un palazzo di menzogne, che oscurasse il sole che emanava su di noi e quel Dio è bruciato esattamente come il cavallo di Troia, dopo essere servito al suo scopo, insieme alla città.

E a noi, a noi cosa resta? O meglio, a quelli di noi a cui ancora interessa davvero conoscere, cosa rimane?

Ammesso e concesso che il percorso che ci ha portato qua, era probabilmente necessario e risulta, al momento, altamente incontrovertibile, dobbiamo prendere atto che l'atmosfera che ci circonda, non è la stessa di altri tempi disseminati nella storia , è cambiata l'intelaiatura stessa che compone i nostri rapporti, il nostro modo di sentire e di immaginare; bisogna iniziare a vedere, con tutte le forze, che per diventare liberi in questo senso, urge trasformarsi nell'uomo/donna senza tempo...o di tutti i tempi.

Per far questo, dobbiamo iniziare a buttare giù la nostra parte di castello grigio e riappropiarci del percorso umano autentico(non umanistico, però), cercando di far combaciare il nostro più intimo sentire, con quello che di più antico c'è dato sapere.

L'attenzione per la conoscenza antica, tradizionale, dovrebbe arrivare anche e solo per un motivo: la maggior parte di ogni concetto/parola che usiamo, deriva dal passato remoto ed ogni volta che lo usiamo, compiamo un atto di fede, al momento in cui non ci chiediamo mai "perchè" lo usiamo, chi è che l'ha usato o da chi o cosa deriva e se da altre parti è usato così o meno, parlo chiaramente del tipo di linguaggio più puramente astratto e metafisico, quello che si perde, ogni volta che iniziamo una descrizione dello stesso, tramite altre parole.

Sia ben chiaro che qua non si sta parlando di banale (ma comunque utile) filologia, ma più propriamente di "logìa"; cercare di entrare in un mondo perduto in cui, se  veniva pronunciato un termine,  veniva evocato in forma sonora l'inalterabile significato a cui il termine stesso alludeva, senza bisogno di esplicazioni, senza dover rappresentare necessariamente forme esemplificative dell'oggetto/soggetto o rapportarlo ad altro, cose queste che, per inciso, ci hanno portato dove siamo: possessori abusivi di termini e concetti alla mercè di ogni possibile fantasticheria, svuotati di forza e usati come maschere sopra banali idee poco più che logiche.

Probabilmente avremo tutti in mente l'immagine ancestrale del mago, arrivata a noi, per fortuna,tramite le fiabe o le leggende e le sue formule pronuziate con fare emblematico : quella è l'esatta rappresentazione simbolica di ciò di cui parlo, l'uomo che tramite il verbo "esatto" con la voce altisonante e la partecipazione tutta del corpo e dello spirito, compie un atto divino, con tono eroico e con la calma del guerriero che ineluttabilmente otterrà un esito esatto, perchè non è lui a chiederlo, ma è la parola stessa che lo attraversa e che necessariamente si realizza, plasmando e alterando la figura stessa del proferitore di verbo.

Vedete, chi vi scrive, si guarda bene dallo scimmiottare idee altrui e dal bardarsi dietro concetti immortali, forte del fatto che, in quanto antichi, debbono essere in qualche modo validi, magari compiendo una romantica  fuga da questo tempo, verso ere in cui l'uomo era diverso e più collegato naturalmente con il tutto: non è così e se qualcuno dovesse pensare ciò, è perchè al proprio interno ha un'idea formata da dati compiuti e sonnolenti, idea  totalmente erronea e figlia di sistemi mentali chiusi ed auto-descrittivi, uno dei regali della modernità.

L'esperienza e la vita mi hanno spinto in svariate direzioni, prima di farmi parlare di certe cose, prima di farmi rendere conto in modo assoluto, che la "conoscenza" debba inanzi tutto partire dalla "coscienza" stessa legata al concetto di questa parola e, per fortuna,  sono approdato ad essa, nella maniera più corretta possibile, ovvero trovandomi a ricostruire il percorso che determinati concetti hanno sin dalle origini, partendo realmente dall'inizio, non de-costruendo un qualcosa al contrario e dalla fine di questo qualcosa (cercando di rimettere inutilmente il dentifricio nello tubetto) in un'ipotetica linearità di tempo, vanificando così la vera pulsione conoscitiva: non si fa retro-ingegneria simbolica, a meno che ci si voglia fermare alle bucce dei frutti.

In passato, la mia voglia di andare oltre il materiale, mi ha spinto senza sosta a praticare la meditazione, sotto ogni forma, spesso senza regole, senza principi precisi da seguire, seguendo per così dire  "empiricamente" la mia idea di meditazione: quando riuscivo a restare in quella fase di coscienza situata tra sonno e veglia, di calma e vigilanza, spesso vedevo qualcosa, qualcosa che mi risultava difficile da spiegare, ma solo finchè cercavo di dargli un senso tramite altri concetti, era un insieme di elementi compiuti, perfetti, comprensivo di forme come il triangolo, il cerchio e che ruotava inanzi a me e cambiava al suo interno in continuazione e, più restavo traquillo, più riuscivo a comprenderlo, sentendo e vedendo(vedere internamente) che quella forma, conteva tutto, tutte le essenze, da molti punti di vista, geometrici, emozionali, numerici e seminali.

Chiaramente, ho pensato per tanto tempo che fosse qualcosa di personale e, sbagliando, non davo peso più di troppo al tutto, non tentando nemmeno una qualsivoglia rappresentazione su carta, date tra l'altro le mie scarse capacità come disegnatore, fino a quando una volta, in una libreria, mi sono trovato di fronte ad un librone, il cui titolo era "Mandala": al tempo conoscevo poco e niente della cultura vedica ed indù, ma sin dalla copertina rimasi sbigottito, perchè vidi una variante della mia visione meditativa; aprendo poi il libro, mi sentii quasi spogliato, come se fossi stato spiato internamente e come se fosse sparito per un istante, l'idea di limite, tra me, tra le altre persone, tra il passato, il presente ed il futuro, fino a farmi mettere in discussione il concetto di fantasia e personalità: la mia presunta visione originale, la punta di diamante della mia esperienza interiore era più pubblica di una notizia sulla prima pagina di un quotidiano ed era millenaria, pur essendo parte di me.

Diciamo che, arrivati a questo punto, si potrebbe dire che questa  è un esperienza di "visione  archetipale", descritte bene da Jung, ma in realtà c'era altro: non era solo un'immagine  a cui poter attribuire migliaia di significati, ma c' era il senso di primordiale che, al momento della scrittura/definizione mi avrebbe portato a cercare di  descrivere al meglio la mia non solo mia-visione, con il senso di contenitore di essenza, un'univocità immagine/senso del'immagine/suggestioni incorruttibili.

Bene, questo è proprio il significato della parola Mandala (Manda = essenza

Il dono di nozze da parte di Dio

Dedico questa preghiera, dal forte potere evangelico, non solo agli sposi ma a tutte le coppie che si amano.No, non mi sto per sposare, è che qualche settimana fa si è sposata una persona a me molto cara, ho cercato a lungo una preghiera semplice ma molto intensa, ed ho trovato questa, scritta dal frate Domenicano P. Giordano Muraro.Quando la rileggo mi fa venire i brividi! Ve la lascio qui! ♥ La creatura che hai al fianco è mia.Io l'ho creata.Io le ho voluto bene da sempre, prima di te e più di te.Per lei non ho esitato a dare la mia vita.Te la affido.La prendi dalle mie mani e ne diventi responsabile.Quando l'hai incontrata l'hai trovata amabile e bella.Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza,è il mio cuore che ha messo in lei tenerezza e amore,è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità,la sua intelligenza e tutte le qualità che trovate in lei.Ma non puoi limitarti a godere del suo fascino.Devi impegnarti a rispondere ai suoi bisogni,ai suoi desideri.Ha bisogno di serenità e di gioia,di affetto e di tenerezza, di piacere e di divertimento,di accoglienza e di dialogo, di rapporti umani,di soddisfazioni nel lavoro, e di tante altre cose.Ma ricorda che ha bisogno soprattutto di Me.Sono Io, e non tu il principio,il fine, il destino di tutta la sua vita.Aiutala ad incontrarmi nella preghiera,nella Parola, nel perdono, nella speranza.Abbi fiducia in Me.La ameremo insieme.Io l'amo da sempre.Tu hai cominciato ad amarla da qualche anno,da quando vi siete innamorati.Sono io che ho messo nel tuo cuore l'amore per lei.Era il modo più bello per dirti"Ecco te la affido.Gioisci della sua bellezza e delle sue qualità"Con le parole "prometto di esserti fedele,di amarti e rispettarti per tutta la vita"è come se mi rispondessi che sei felicedi accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di lei.Da quel momento siamo in due ad amarla. Anzi io ti renderò capace di amarla "da Dio", regalandoti un supplemento di amoreche trasforma il tuo amore di creaturae lo rende simile al mio.E' il mio dono di nozze:la grazia del sacramento del matrimonio.Io sarò sempre con voie farò di voi gli strumenti del mio amoree della mia tenerezza:continuerò ad amarvi attraverso i vostri gesti d'amore.♥

IL PROBLEMA DELLA COSCIENZA

Vi sono quattro stati di coscienza possibili per l'uomo.

Ma l'uomo ordinario 1, 2 e 3 vive negli stati di coscienza più bassi.

Il primo il sonno, è lo stato passivo nel quale gli uomini trascorrono un terzo, e sovente anche la metà della loro vita.

Il secondo, nel quale passano l'altra metà della loro vita, è quello stato in cui camminano per le strade, scrivono libri, discutono soggetti sublimi, si occupano di politica e si ammazzano a vicenda.

Il terzo stato di coscienza è il ricordarsi di sé, o coscienza di sé, coscienza del proprio essere. E' generalmente ammesso che noi possediamo questo stato di coscienza o che possiamo averlo a volontà.

La nostra scienza e la nostra filosofia non hanno visto che noi non possediamo questo stato di coscienza e che il nostro desiderio è incapace di crearlo in noi, per questo ferma possa essere la nostra decisione.

Il quarto stato di coscienza è la coscienza obiettiva. Il questo stato, l'uomo può vedere le cose come stanno, come esse realmente sono. Il quarto stato di coscienza è uno stato del tutto diverso dal precedente; esso è risultato di una crescita interiore e di un lungo è difficile lavoro su di sé.

I due stati di coscienza superiori, la "coscienza di sé" e la "coscienza obbiettiva", sono legati al funzionamento dei centri superiori dell'uomo.

Infatti altre ai centri del quali abbiamo già parlato, ne esistono altri due, il " centro emozionale " e il "centro intellettuale superiore ".

Questi centri sono in noi; essi sono completamente sviluppati e lavorano interrottamente, ma il loro lavoro non riesce mai a raggiungere la nostra coscienza ordinaria.

La ragione di questo risiede nelle proprietà speciali della nostra cosiddetta " coscienza lucida".

Per comprendere quale è la differenza tra gli stati di coscienza bisogna tornare al primo stato, che è il sonno.

Questo è uno stato di coscienza interamente soggettivo.

L'uomo è interamente immerso nei suoi sogni, poco importa che ne conservi a meno il ricordo.

L'uomo in generale, va a combattere per la sua patria, affronta enormi sacrifici, e disagi ammazzando i suoi propri simili; tutto ciò lo fa uno stato soggettivo per cui a causa del suo sonno egli non si rende conto "cosciente" del suo stato.

Questi due stati di coscienza (soggettiva) sonno e stato di veglia sono le cause del non "ricordarsi di sé".

L'uomo può realmente svegliarsi e attorno a lui la vita assumerebbe un altro aspetto sconosciuto, ovvero, la coscienza di sé uguale stato di coscienza oggettiva.

Come accorgersi di questo stato di sonno atavico.

Questa domanda è già in sé stessa una risposta.

Un uomo quando si rende cosciente di essere stato per tutta la vita in uno stato di sonno a già fatto molto per se stesso, perché si è accorto di vivere in uno stato che non è il suo.

Egli si accorge di essere stato creato e plasmato dalla società.

In se stesso un uomo deve vedere da se gli aspetti di ogni fatto che gli è accaduto; ad accorgersi dopo aver analizzato a fondo gli errori che ha commesso per causa d'altri che lui ha dormito, ha sempre dormito comunemente con gli altri.

Nella coscienza di un uomo addormentato, le sue illusioni, i suoi "sogni", si mescolano alla realtà.

L'uomo vive in un mondo soggettivo al quale è impossibile sfuggire.

Ecco perché non può mai fare uso di tutti i poteri che possiede e vive sempre soltanto in una piccola parte di sé stesso.

G.I. Gurdjieff

Il Meglio della Vita - Rona Jaffe

Titolo: Il meglio della vitaTitolo originale: The Best of EverythingAutore: Rona JaffeTraduttore: M. BonettiEditore: BeatPagine: 543Data di pubblicazione: 20 Marzo 2012ISBN: 9788865590812Prezzo: 9.00 €Sinossi:

Nel cuore di Manhattan, in un

grattacielo moderno firmato Mies Van Der Rohe, negli uffici di una casa

editrice decisamente glamour, tre ragazze svolgono con distratta grazia

il loro lavoro, sognando di conquistare tutto quello che ogni giovane

donna può desiderare, all'alba degli anni Cinquanta, a New York: "the

best of everything", il meglio della vita, il meglio di ogni cosa. In

interni dalle geometrie déco, che sembrano quadri di Mondrian, si

aggirano Caroline Bender, una ragazza di buona famiglia che spera di far

carriera prima che il suo giovane amico si decida a sposarla, e la

candida April Morrison, una ragazza texana la cui innocenza sfiora la

più disarmante ingenuità. Le due giovani donne in carriera fanno

amicizia e si trasferiscono in un appartamento comune nel centro di

Manhattan insieme alla collega Gregg Adams, che diviene presto il terzo

membro del trio dopo aver messo al corrente Caroline e April dei suoi

disperati tentativi di introdursi nel feroce milieu di Broadway e di

sedurre David Savage, affascinante sceneggiatore playboy.

Mi capita sempre, ogni volta che mi ritrovo tra le mani un libro che mi travolge e che ho scoperto per puro caso tra gli scaffali di una libreria, di pensare a quanto sia strano il mondo delle case editrici e il loro marketing. Non scopro l'acqua calda se vi porto alcuni esempi di libri brutti che sono apparsi in ogni vetrina, di cui hanno fatto anche pubblicità in tv e di cui ci ritroviamo la copertina e super slogan su ogni giornale e praticamente in ogni dove. E poi, per puro caso, mentre ti fai un giro alla Feltrinelli in un grosso centro commerciale, vedi un romanzo che spunta, con un titolo accattivante, una copertina bellissima e leggi che è ambientato a New York all'inizio degli anni '50, che le protagoniste sono giovani donne che si affacciano alla vita, che lavorano in una casa editrice e non puoi fare a meno di comprarlo e iniziare a leggerlo immediatamente. Poi ne vieni travolta come non ti capita da tanto tempo, guardi su aNobii e vedi che sono solo in 89 ad averlo letto, su internet le recensioni si contano sulle dita di una mano e ti ritrovi a chiederti "Perché alcuni libri che non andrebbero nemmeno usati come ferma porta vengono messi sotto il naso di tutti senza ritegno, mentre altri decisamente più meritevoli restano nascosti nell'ombra?".

So che è una domanda che non mi pongo solo io e che rimarrà senza una risposta plausibile, ma io sono polemica e ogni tanto devo polemizzare.The Best of Everything è il titolo originale di questo romanzo, Il meglio di tutto. E' questo quello che ci si aspetta dalla vita quando, poco più che diciottenni, ci si affaccia alla vita adulta. Ora come allora si pensa di avere il mondo in pugno, si vuole mordere la vita e realizzare ogni sogno nel cassetto, anche il più piccolo.

Ed è per questo che Caroline, Gregg, Mary Agnes, Brenda e April si trasferiscono a New York e vanno a lavorare alla Fabian, importante casa editrice con sede in città. Hanno tutte finito da poco il liceo e si stanno affanciando, un po' timide, nel mondo degli adulti.

Il loro sogno più grande è quello di trovare un uomo, un principe azzurro che sappia amarle, che le porti via da quel lavoro che è solo momentaneo e che dia loro dei figli da amare e crescere come vuole la società. E anche chi, come Caroline, preferisce fare carriera e percorrere, gradino dopo gradino, la scala del successo, è inevitabilmente combattuta tra lo "sto bene da sola" e il "mi sento incompleta senza un uomo".

Le conosciamo all'inizio del 1952 e, attraverso le pagine che scorrono sotto i nostri occhi senza che quasi ce ne accorgiamo, le lasciamo a malincuore a dicembre del 1954 tutte cresciute, tutte molto cambiate, tutte segnate dalle esperienze che hanno vissuto e le hanno fatte crescere in questi due anni.

Dove ci sono le donne non possono di certo mancare gli uomini che affollano le pagine di questo romanzo e che dovrebbero essere i sostegni di queste cinque ragazze all'apparenza fragili. E, invece, veniamo a scoprire presto che una donna può piegarsi fino all'estremo ma mai spezzarsi, mentre un uomo è incline a scappare prima che sia troppo tardi, a darsi fino ad un certo punto e mai completamente perché non vuole più soffire, a dirsi soddisfatto delle proprie scelte perché la ragazza che amava si presentava in un modo e invece viene a scoprire che era tutto in un altro, senza però fermarsi a pensare che è stato proprio lui ad influenzare determinate scelte.

Certo, qualcuno è anche in grado di prendersi le proprie responsabilità, di avere il coraggio di ammettere che la propria vita non è poi così perfetta come si vuol credere e dare una svolta a tutto per cambiare le cose. Ma prima qualcuno ha dovuto soffrire.

Alla fine del libro c'è una postfazione che racconta come sia nato il romanzo e un po' della vita dell'autrice. Tra le altre cose, viene anche detto che questo romanzo appartiene al genere chick lit, definizione assai litimativa e anche un po' offensiva a mio avviso.

Questo romanzo non è assolutamente un libricino da quattro soldi che racconta le avventure di cinque sgallettate in modo che altrettante sgallettate lo possano comprare per passare un po' di tempo a leggere. Queste pagine non lasciano il tempo che trovano, anzi, ti portano a riflettere sulla vita di ieri e di oggi. E, cosa molto strana per me, pur non condividendo il pensiero di tutte le protagoniste, e cioè che una donna è completa solo se ha un uomo accanto, l'ho letto senza mai provare fastidio, senza mai sentire nascere e crescere l'antipatia verso una delle cinque protagoniste. Mi sono entrate tutte quante nel cuore e lì le porterò per un bel po' di tempo, insieme alle loro avventure e disavventure, alle loro sofferenze e alle loro felicità, ai loro odi e ai loro amori.